Vittorio Fossombroni
Vittorio Fossombroni
Vittorio Fossombroni (Arezzo, 15 settembre 1754 – Firenze, 13 aprile 1844) è stato un matematico, ingegnere, economista, politico e intellettuale italiano.
I primi incarichi
Vittorio Fossombroni nacque ad Arezzo il 15 settembre del 1754 da Giacinto Fossombroni e Lucilla dei baroni Albergotti Siri. Il padre era uno stimato antiquario, nonché studioso di matematica, fisica ed astronomia.
Il Fossombroni si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell’università di Pisa dove si laureo nel 1778.
La passione di Vittorio per le scienze matematiche, tuttavia, lo portò dopo la laurea a pubblicare alcuni testi di idraulica, matematica ed economia. Con queste pubblicazioni il giovane raggiunse una certa notorietà e si trovò di lì a poco sovrintendente alla bonifica definitiva della Val di Chiana voluta dal Granduca Pietro Leopoldo di Lorena.
La perizia di Vittorio fu tanto apprezzata che anche il successore di Leopoldo, Ferdinando III, lo riconfermò all’incarico arrivando a nominarlo nel 1794 Sovrintendente Generale al dipartimento delle acque della Val di Chiana.
Fuori dalla Val di Chiana
Il Fossombroni fu chiamato nel 1810 a presiedere la commissione di bonifica delle paludi dell’Agro Romano. Nel 1830 collaborò con Pietro Paleocapa per la redazione del Piano di sistemazione dei fiumi veneti Brenta e Bacchiglione.
Vittorio Fossombroni lavorò anche all’estero in questo periodo, quando il viceré d’Egitto lo chiamò come consulente per la costruzione di un bacino idrico nel porto di Alessandria.
Il periodo napoleonico
Ben presto divenne un esponente di spicco delle cerchia granducale, tanto da venire nominato nel 1791 revisore delle stampe, e di condurre, dal 1792 al 1795, una battaglia personale a favore della libertà di commercio, abolita il 2 ottobre 1792 con decreto granducale su proposta dei consiglieri di Ferdinando III, Manfredini e Lampredi. Dal 1796 al 1798 Fossombroni fu attivo in politica estera, al fine di mantenere la neutralità del Granducato durante le guerre napoleoniche che devastavano l’Italia: dapprima fu il rappresentante toscano che doveva trattare con i ministri plenipotenziari a Firenze, i generali Miot de Milito e Reinhard; poi scrisse una nota di protesta inviata al generale Napoleone, che, colpito da essa, volle incontrarlo personalmente. Dopo l’incontro, avvenuto il 30 giugno 1796, il generale francese impose al granduca di elevare l’ingegnere aretino a ministro degli Esteri. In tale veste, inviò nel gennaio 1797 un “Oracle sur la Toscane”, in breve ma incisivo scritto volto ad impedire l’occupazione militare della Toscana, da lui descritta come un modello e un esempio di società civile da seguire. Benché non servisse ad impedire l’occupazione del Granducato, questo scritto restò memorabile negli anni a venire, tanto da essere usata come una sorta di dichiarazione di indipendenza del “piccolo” Stato contro le rivendicazioni delle grandi potenze. Nel marzo 1798 Ferdinando III nominò Fossombroni segretario di Stato insieme a Neri Corsini, mantenendolo anche al ministero degli Esteri.
La Restaurazione
Dopo la caduta di Napoleone e l’avvento della Restaurazione, il Congresso di Vienna restituì la Toscana al deposto Granduca; questi, sia per riaffermare la linearità del periodo lorenese e la politica di tolleranza svolta durante il periodo francese, il 25 giugno 1814 chiamò Fossombroni a ricoprire l’incarico di presidente della commissione legislativa, per poi divenire, il 15 settembre, dopo il rientro di Ferdinando III a Firenze, segretario di Stato, ministro degli Esteri e direttore delle reali segreterie. Il politico toscano mantenne all’interno del Consiglio una netta superiorità, che diede l’impronta alla politica del Granducato almeno fino alla metà degli anni Trenta del XIX secolo. Infatti Fossombroni governò con fermezza e autorità, riportando in auge il precedente assetto istituzionale leopoldino, ma senza ripudiare del tutto le novità napoleoniche: revisionò il codice napoleonico, abolendo il divorzio, ristabilì le decime parrocchiali, nel 1815 restrinse le libertà municipali, con la nomina dei gonfalonieri e di parte del Consiglio cittadino da parte del Granduca, difese lo Stato dalle ingerenze della Chiesa, vietando l’ingresso dei Gesuiti, conservò la pubblicità dei processi e mitigò i poteri della polizia, tanto che la Toscana fu di gran lunga lo Stato più tollerante, mite e liberale di quel periodo. In campo economico, Fossombroni ritornò ai criteri liberistici adottati da Pietro Leopoldo: dopo che, nel 1816, una spaventosa carestia si era abbattuta su tutta la penisola, fatto che aveva costretto a calmierare il prezzo del grano, il ministro toscano abolì i dazi e le gabelle sulle importazioni, favorendo lo sviluppo dell’industria e dell’agricoltura, tanto da rendere il bilancio statale in attivo.
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